LINGUE STRANIERE: Nuovi Strumenti per l’Insegnamento

Bandiera Inglese

Il rapporto insegnante – alunno è uno dei più rilevanti che la nostra società contempli; ed uno dei più delicati.

La scuola, la classe viene vista come una sorta di seconda famiglia; e quindi emerge il ruolo ben più che meramente didattico del docente: un ruolo educativo tout-court, che rappresenta un riferimento per la vita dello studente, ben oltre il periodo scolastico strettamente inteso.

Sembrerebbero acquisizioni scontate, ma non lo sono sempre state, ad onor del vero: infatti gli approcci all’insegnamento delle lingue straniere (quella che con un termine tecnico si definisce la glottodidattica) hanno subito variazioni nel corso del tempo, a seconda delle mutate premesse teoriche.

Per questo motivo sono nati anche corsi di aggiornamento e formazione per insegnanti di lingue, in grado di fornire contenuti e nozioni importanti sul ruolo dell’insegnante al giorno d’oggi, sulle dinamiche di gruppo di una classe, sul modo di comunicare e tanto altro ancora.

In sostanza, 50 anni fa non si insegnava come si insegnava 100 anni fa ed oggi non si insegna come negli anni ’50; anche se forse sarebbe più opportuno dire “si dovrebbe insegnare”, poiché molto spesso alle premesse teoriche non seguono i fatti e si finisce per avere docenti che si comportano dietro la cattedra nello stesso modo in cui si comportavano gli insegnanti dei loro padri.

Questo nonostante la tecnologia, entrata ormai in pianta stabile in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado.

Per molto tempo la lingua straniera è stata studiata ponendo lo studente in posizione del tutto passiva: lo schema era quello che si definisce “stimolo-rinforzo-risposta”, con dialoghi da mandare a memoria, corredati da esercizi meccanici, trascurando totalmente la componente creativa. Questo è l’approccio cosiddetto strutturalista, attraverso il quale un po’ tutti abbiamo studiato le lingue a scuola.

In tal senso, il fatto che fossero presenti dei laboratori linguistici ben poco mutava la situazione, proprio perché l’approccio teorico era inadeguato.

Con il passar dei decenni, nuove teorie apparvero all’orizzonte, in primo luogo quella comunicativa.

Si tratta di un approccio del tutto diverso, per molti versi opposto ai precedenti, in quanto la lingua da apprendere viene vista sotto forma di strumento comunicativo.

A far da presupposto a questa nuova concezione vi è la teoria, elaborata da N. Chomsky, del LAD (Language Acquisition Device): gli esseri umani producono lingua (o comunque sono in grado di farlo) indipendentemente dai condizionamenti spazio-temporali; si tratta di una facoltà innata, non acquisita.

Ecco perché diventa a questo punto determinante togliere di mezzo gli ostacoli che si frappongono tra studente e lingua da apprendere: un approccio che infatti si definisce altresì affettivo e che fa leva anche sulla parte destra del nostro cervello, quella sintetica, creativa, non solo su quella sinistra, analitica (teoria della bi-modalità).

Si diceva della tecnologia, in grado di favorire certamente questi nuovi tipi di approccio: la multimedialità, in modo particolare, rende necessari dei cambiamenti radicali nell’atteggiamento e nella posizione stessa del docente. La classe diviene luogo per eccellenza di collaborazione e di cooperazione, in cui l’insegnante è uno tra gli altri: non impartisce più lezioni normative e piene di regole da mandare passivamente a memoria, ma segue e costruisce percorsi insieme ai suoi studenti, che deve far interagire tra loro: comunicare, appunto.

L’insegante deve interagire e “negoziare” costantemente con chi apprende: nessun atteggiamento impositivo deve far parte del nuovo rapporto discente-docente, mentre collaborazione e mutuo sostegno non devono mai mancare.

Audio, video, multimedialità: nuovi supporti che devono essere maneggiati con cura e che richiedono, in realtà, anche una costante formazione dello staff didattico, al fine di sfruttare al meglio le potenzialità di mezzi fino a poco tempo fa impensabili.

Nuove potenzialità ben note, ad esempio, presso la New Way School, scuola di lingue di Brescia, che sin dall’inizio ha proposto questo nuovo approccio comunicativo, dove costante è il ricorso alla multimedialità e dove il personale non finisce mai di auto-formarsi.

Alla New Way l’integrazione con la tecnologia è la norma; e tramite lezioni multimediali avviene anche lo studio individuale dello studente: una piattaforma on line unica e personalizzata, con costante feedback e monitoraggio attivo del docente, che è così in grado di offrire la propria esperienza anche al di fuori dello spazio fisico dell’aula.

Infatti, limitare nel tempo e nello spazio (1 o 2 ore la settimana in aula) la presenza della lingua straniera nella vita dello studente è un errore da non compiere. Pensiamoci bene: il motivo di fondo per il quale l’apprendimento della lingua straniera è ottimale e “automatico” nel caso di permanenza all’estero, è proprio la full immersion: vale a dire il fatto che la lingua sia integrata alla vita stessa della persona e che non l’abbandoni mai.

Audio e video in lingua straniera offrono questo: “pezzi” di vita vera non più solo da ascoltare passivamente, ma da fare propri, attivando quelle facoltà che sono collocate nella parte destra del nostro cervello. E la gamma è vastissima: si va da spezzoni di film a canzoni, da brani di teatro o news internazionali a video blog (vlog) di qualche youtuber: la finalità è creare situazioni comunicative reali (o realistiche).

Una finalità perseguita da New Way School attraverso tutti questi strumenti.

Una strada nuova, appunto.

Per informazioni potete visitare il sito www.newwayschool.it, oppure contattare il numero 030 2077748 La New Way School è situata a Brescia in Viale Duca d’Aosta 30.